Amore
Teatro DonizettiIl progetto nasce dall’incontro e dall’amicizia fra Pippo Delbono e il produttore teatrale italiano da anni attivo in Portogallo Renzo Barsotti e dal loro desiderio di realizzare insieme uno spettacolo sul Portogallo. Da qui inizia la ricerca sull’“amore” come sentimento, stato dell’anima. Un vero e proprio ingranaggio nell’organismo umano, che seleziona, sposta, frantuma e ricompone tutto ciò che vediamo, che sentiamo, tutto ciò che desideriamo. Amore è un viaggio musicale e lirico attraverso una geografia esterna – oltre al Portogallo, l’Angola, Capo Verde – e una interna, quella delle corde dell’anima che vibrano al minimo colpo della vita. Le note sono quelle malinconiche del fado, che esplodono in slanci energici attraverso la voce dei suoi cantanti, spalancata a raggiungere ogni angolo della sala; il ritmo quello ora di una parata, ora di un tableau vivant, ora di una lenta processione; l’immagine è un quadro che muta nei colori, si scalda e si raffredda. E c’è, poi, la parola poetica, restituita dal registro caldo dell’artista ligure attraverso il suo consueto, ipnotico, salmodiare al microfono. Le parole sono quelle di Carlos Drummond de Andrade, Eugénio De Andrade, Daniel Damásio Ascensão Filipe, Sophia de Mello Breyner Andresen, Jacques Prévert, Rainer Maria Rilke e Florbela Espanca. «Questo spettacolo – racconta Pippo Delbono – presenta una duplice visione dell'amore. Da una parte – e sono i testi a prendere voce – ci mettiamo, tutti, alla ricerca di quell'amore, cercando di sfuggire alla paura che ci assale. In questo viaggio si cerca di evitarlo, questo amore, anche se ne riconosciamo costantemente l'urgenza; io lo ricerco, ma anche lo voglio, ed è proprio questo che fa paura. Ma il cammino – fatto di musiche, voci, immagini – riesce poi, forse, a portarci verso una riconciliazione, un momento di pace in cui quell'amore possa manifestarsi al di là di ogni singola paura». A tenere insieme un montaggio emotivo mai del tutto pacificato è una grammatica scenica che alterna il pieno al vuoto, il canto alla musica, la voce viva al silenzio, alla ricerca di una rappresentazione onirica ed elegiaca della crudele risacca di distacco e ricongiungimento. Protagonista è l’assenza, è la distanza, è la nostalgia, una mappatura di emozioni che scava nell’animo dell’autore, dei suoi interpreti e dello stesso spettatore, chiamato a cercare sempre con gli occhi ciò che manca e che, inesorabilmente, tarda a manifestarsi. Amore vuole essere il tentativo di condivisione di un incontro fugace: l’amore è «un uccello rapace» che afferra e porta via e che, così facendo, si presenta come qualità totalmente umana. Le lingue diverse che si abbracciano nella trama sonora sono espressione di questa terra, il Portogallo, che accoglie e che lascia tracce; lo slancio poetico ci ricorda quale forma di rispetto dovremmo sempre offrire a quei moti dell’anima altrimenti sempre messi sotto assedio dalla paura, dalla diffidenza, dalla vergogna. Amore è ancora una volta il tentativo di portare dentro al teatro la vita. Nominando questa parola, invocandola in maniera laica e sognante, abbiamo forse la possibilità di darle voce e,