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Maria Giuseppina Muzzarelli | Giovanna d’Arco: una donna in armi

Teatro Donizetti

È una ragazza, ma combatte come un uomo; è una vergine cristiana, ma veste abiti maschili; si sente in rapporto diretto con Dio, ma non riconosce la mediazione della Chiesa. Venerata come santa, è diventata un mito, e non solo per i francesi. Molte domande restano però aperte su questa giovane in armi arsa sul rogo a 19 anni. Maria Giuseppina Muzzarelli ha insegnato Storia medievale, Storia delle città e Storia e patrimonio culturale della moda all’Università di Bologna. Si occupa di storia della mentalità e della società. Tra le sue pubblicazioni: Pescatori di uomini. Predicatori e piazze alla fine del Medioevo (2005); Un’italiana alla corte di Francia. Christine de Pizan intellettuale e donna (nuova edizione 2017); A capo coperto. Storie di donne e di veli (nuova edizione 2018); Le regole del lusso. Apparenza e vita quotidiana dal Medioevo all’età moderna (2020). Per Laterza è autrice di Nelle mani delle donne. Nutrire, guarire, avvelenare dal Medioevo a oggi (2013), Madri, madri mancate, quasi madri. Sei storie medievali (2021) e La señora. Vita e avventure di Gracia Nasi (2024). Al termine dell'incontro, l'autore sarà a disposizione del pubblico per il firmacopie.

€10,00
Featured Featured Serie di eventi L’avaro

L’avaro.

Teatro Donizetti

Giovedì 13 febbraio 2024, ore 18.00 | Sala Musica - Teatro Donizetti Intorno a L'AVARO Incontro con Ugo Dighero e la compagnia Coordina l'incontro Maria Grazia Panigada Ugo Dighero, già apprezzatissimo protagonista di opere di Stefano Benni e Dario Fo, si confronta per la prima volta con una grande classico, interpretando Arpagone nel nuovo allestimento diretto da Luigi Saravo. Nella commedia di Molière si assiste a un epico scontro tra sentimenti e soldi. Il protagonista è disposto a sacrificare la felicità dei figli, pur di non dovere fornire loro una dote e anzi acquisire nuove ricchezze attraverso i loro matrimoni. La regia di Saravo ambienta lo spettacolo in una dimensione che rimanda al nostro quotidiano, giostrando riferimenti temporali diversi, dagli smartphone agli abiti anni Settanta agli spot che tormentano Arpagone (la pubblicità è il diavolo che potrebbe indurlo nella tentazione di spendere il suo amato denaro). Anche le musiche originali di Paolo Silvestri si muovono su piani diversi, mentre la nuova traduzione di Letizia Russo, fresca e diretta, contribuisce a dare al tutto un ritmo contemporaneo. La narrazione de L'Avaro di Molière ruota attorno a un tema centrale, cui tutti gli altri si riconnettono: il danaro. Il danaro e la sua conservazione, il suo sperpero, il gioco d'azzardo, l'acquisto di beni e il loro degrado che porta all'acquisto di nuovi beni, i prestiti, gli interessi e i rapporti di potere che dal danaro discendono. Nella nostra contemporaneità orientata al consumo, definita dalla necessità di far circolare il danaro inseguendo una crescita economica infinita, il gesto conservativo e immobilista di Arpagone, dal punto di vista finanziario, ci suona come sovversivo, in netta opposizione alla tirannia consumistica, alla pubblicità che ne è motore, e a quella patologia del desiderio che vede nella sostituzione il suo fondamento. Se analizziamo il fulcro del testo, ovvero il conflitto tra Arpagone e il suo entourage, ci troviamo di fronte al conflitto di due visioni economiche: una consumistica di stampo capitalistico novecentesco e una, relativamente nuova, conservativa, che si oppone al consumo e si orienta alla conservazione dei beni, al loro riutilizzo, al loro scambio e, infine, alla protezione di essi, primi tra tutti quei beni definiti come “beni naturali”. Non vogliamo dire che Arpagone sia un eroe positivo, che sia mosso da una spinta ideologica, ma, senz'altro, che con la sua attitudine si ponga chiaramente in opposizione all'economia capitalistica novecentesca e più in linea con la visione conservativa. Intorno a lui si muovono gli altri personaggi, apparentemente vittime della sua tirannia, ma, in realtà, figure votate a ideali ben riconoscibili in questo slittamento di contesto. Queste figure lamentano la loro prigionia, la loro sottomissione forzata alle volontà di Arpagone, ma in realtà sono sottomesse soprattutto al vincolo economico che le lega a lui, potenzialmente capaci di sottrarsi a quella tirannia abbandonando la casa e gli averi promessi da eredità e salari. E in ultimo, per dirla con Voltaire: gli uomini odiano coloro che chiamano avari solo perché

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