ITINERARIO DELL’ACQUA
Bergamo AltaPrenotazioni sold out Fin dai tempi delle Civiltà più antiche, i Sumeri ad esempio, la risorsa idrica ha sempre rappresentato uno dei problemi fondamentali per la costituzione di città, l’avviamento di attività agricole e lo sviluppo dei commerci e delle lavorazioni artigianali. In buona sostanza: prelevare, trasportare e distribuire acqua al territorio circostante. Un’attività ingegneristica e architettonica nella quale, addirittura alcuni millenni dopo, eccelsero i Romani. “Chi vorrà considerare con attenzione la quantità delle acque in uso pubblico per le terme, le piscine, le fontane, le case, i giardini suburbani, le ville; la distanza da cui l’acqua viene, i condotti che sono stati costruiti, i monti che sono stati perforati, le valli che sono state superate, dovrà riconoscere che nulla in tutto il mondo è mai esistito di più meraviglioso”. PLINIO IL VECCHIO (23-79 D.C.) Chi meglio di Uniacque, l’azienda a totale capitale pubblico che dal 2006 gestisce il servizio idrico integrato in Bergamo e provincia, può raccontare la storia sotterranea dell’acqua – grazie alla preziosa ed indispensabile collaborazione dei Gruppi speleo “Le Nottole” e l’Associazione Sebynica -in un sito prestigioso come la cornice di Città Alta? L’Itinerario dell’acqua si sviluppa su un tratto di strade e viuzze di circa 3 km, interamente entro le spettacolari Seicentesche Mura Veneziane: parte da Colle Aperto e termina al Serbatoio di Sant’Agostino, presso una delle più famose e frequentate Porte di accesso a Città Alta. Un itinerario – Aquae Ductus Bergomensis – che prenderà per mano l’ospite guidandolo attraverso epoche storiche diverse, dove l’evoluzione artistica, architettonica e ingegneristica del complesso acquedottistico si manifesta in tutta la sua lungimiranza. Sono 15 le tappe identificative del nostro Giro all’interno delle Mura: cisterne, fontane, lo storico lavatoio di via Mario Lupo e altri siti cosiddetti minori, ma di valenza strategica per soddisfare la grande sete di Bergomum. Il tempo di percorrenza medio – calcolato, come si conviene, su un passo più “turistico”, su chi indugia doverosamente sulle bellezze storico/artistiche e architettoniche – è di circa 2 ore. In collaborazione con UniAcque
DAN KINZELMAN – Solo
Chiesa di San SalvatoreResist/Evolve è il titolo della solo performance del sassofonista americano Dan Kinzelmann, da decenni attivissimo in Italia anche con propri gruppi quali gli Hobby Horse, ascoltati a Bergamo Jazz nel 2021, e i Ghost Horse. L’dea di fondo è esaminare i limiti dei nostri corpi e delle nostre menti, attraverso l’urgenza implacabile di sopravvivere, persistere e creare in condizioni di avversità: tramite l’impiego di speciali tecniche di respirazione, Dan Kinzelman crea paesaggi sonori ininterrotti e improvvisati, basati sulle frequenze contenute in una singola nota di sassofono. Durante i primi minuti della performance, il sassofonista si avvicina ai suoi limiti fisici, che successivamente tenterà di mantenere, cercando un equilibrio tra le regole che ha predisposto, la sua capacità di concentrazione e le capacità fisiche del suo corpo nell’interazione con lo strumento. Il suono viene interrotto solo quando questo equilibrio non può più essere sostenuto. In altre parole, Resist/Evolve è un’esperienza di ascolto unica, ogni volta differente, che Bergamo Jazz ospita in una nuova location, incastonata in uno degli angoli più belli di Città Alta.
DJANGO BATES – Piano Solo
Sala Piatti«Un gruppo di persone che si godono la musica insieme, questa è la mia idea di “Good Time”: musica dal vivo, in tempo reale, vissuta nel momento stesso in cui viene creata» racconta Django Bates nel presentare questo suo concerto di piano solo, «Due anni fa, quando ho cominciato a scrivere nuovi pezzi per pianoforte, ero in un momento in cui volevo semplificare tutto nella mia vita e così mi sono dedicato a un processo di distillazione. Le composizioni che ne sono emerse, come “Flurry In The Desert”, “Iris”, “My Idea Of A Good Time”, abbracciano tutti i modi in cui il pianoforte è stato per me nel corso del tempo, un amico amatissimo. Fin dall’infanzia, da solo con il mio giocattolo preferito - un malandato D’almaine, stonato di un semitono - attraverso l’esperienza formativa del gruppo di Dudu Pukwana e di Earthworks di Bill Bruford, fino ai concerti nei grandi teatri d’Europa con Anouar Brahem, Dave Holland e Jack DeJohnette, il pianoforte è sempre stato per me un fedele compagno di vita. Sulle onde di un mare in tempesta, disseminato dei detriti della nostra epoca, pubblico e artista in armonia intraprendono insieme un viaggio in cerca del miracoloso, una ricerca condivisa di pace e serenità». Classe 1960, il pianista britannico Django Bates è un autentico vulcano, ideatore di svariati progetti, da gruppi di piccole dimensioni ad orchestre. Ha fatto arte dei First House, dei Loose Tubes, oltre che degli Earthworks di Bill Bruford. Tra i suoi album più recenti, The Study of Touch, in trio per ECM; e Saluting Sgt. Pepper, personale rivisitazione del capolavoro beatlesiano realizzato con la Frankfurt Radio Big Band.
REIJSEGER-FRAANJE-SYLLA Trio
Teatro SocialeErnst Reijseger, Harmen Fraanje e Mola Sylla costituiscono non un semplice trio musicale che assomma tre spiccate personalità artistiche, ma un vero e proprio organismo vivente che crea una musica unica, originale e personalissima. La combinazione crea infatti un sound particolare e dal carattere ben definito, poetico, ma anche fatto di humor e brillanti improvvisazioni sostenute da una mirabile tecnica individuale. Reijseger, Fraanje e Sylla si conoscono ormai bene, hanno condiviso molte avventure, come le colonne sonore dei film di Werner Herzog My Son My Son What Have Ye Done e Cave of Forgotten Dreams. I loro concerti sono imprevedibili, sorprendenti, aperti come sono all’inventiva del momento, e spaziano anche in atmosfere cameristiche classicheggianti e in evocative canzoni africane, cantate in wolof, la lingua nativa di Mola Sylla, che si alterna a strumenti tradizionali come lo xalam e la m'bira. Ernst Reijseger, uno dei musicisti che più hanno legato il proprio nome al festival Clusone Jazz, è violoncellista di fama internazionale: ha dedicato buona parte della sua carriera a percorrere i territori del jazz e dell'improvvisazione creativa con una predisposizione alla contaminazione con musiche tradizionali del mondo. Per dare un’idea della sua versatilità, si può partire dalla sua militanza nella ICP Orchestra di Misha Mengelberg e arrivare allo straordinario Clusone Trio con Michael Moore e Han Bennink, passando dalla collaborazione con il coro sardo Cuncordu e Tenores de Orosei, senza dimenticare il sodalizio con il regista Werner Herzog. Il pianista olandese Harmen Fraanje ha anche collaborato con, tra gli altri, Ambrose Akinmusire, Mark Turner, Kenny Wheeler, Arve Henriksen, Han Bennink, Trygve Seim, Theo Bleckmann, Ben Monder, Enrico Rava. Nato a Dakar, Mola Sylla interpreta le proprie tradizioni culturali con voce affascinante e strumenti tipici della tua terra di origine. È uno dei fondatori del gruppo Senemali, costituito da artisti senegalesi e maliani, e di VeDaKi, quartetto che include musicisti russi e indiani.
RICHARD GALLIANO New York Tango Trio
Teatro DonizettiLa serata del 26 marzo sarà composta da 2 set: Set 1: RICHARD GALLIANO New York Tango Trio Set 2: RICHARD BONA Il biglietto comprende entrambi i concerti A 13 anni dalla sua precedente apparizione a Bergamo Jazz, in coppia con il polistrumentista inglese John Surman, torna sul palcoscenico del Teatro Donizetti colui che ha donato alla fisarmonica una vitalità espressiva mai prima così accentuata, grazie a quella straordinaria miscela di new musette e new tango di cui lo stesso Richard Galliano si è fatto artefice e autorevole interprete. «Jazz, musette, tango si nutrono degli stessi ingredienti, rapporto con la danza, melodie forti, armonie precise e raffinate. Con Adrien Moigard e Diego Imbert mi confronto con tutto ciò suonando ogni concerto in modo totalmente libero, a volte lontano dalla partitura ma mai dall'anima del compositore», specifica lo stesso musicista transalpino. Arrivato a Parigi nel 1975, Richard Galliano ha fatto subito la conoscenza di Claude Nougaro, con il quale sarà amico, fisarmonicista ma anche suo direttore d'orchestra, fino al 1983. Il secondo incontro decisivo avrà luogo nel 1980, con Astor Piazzolla: il geniale compositore e bandoneonista argentino lo incoraggerà fortemente a creare la "nuova musette" francese, come lui stesso in precedenza aveva inventato il "nuovo tango" argentino. Nell’arco della sua carriera Richard Galliano ha collaborato con un numero impressionante di artisti e musicisti di elevato profilo: in ambito jazz, Chet Baker, Eddy Louiss, Ron Carter, Wynton Marsalis, Charlie Haden, Gary Burton, Michel Portal, Toots Thielemans, Kurt Elling, Enrico Rava e molti altri ancora; Serge Reggiani, Claude Nougaro, Barbara, Juliette Greco, Dick Annegarn, Georges Moustaki, Allain Leprest, Charles Aznavour, Serge Gainsbourg, per la canzone francese.
RICHARD BONA
Teatro DonizettiLa serata del 26 marzo sarà composta da 2 set: Set 1: RICHARD GALLIANO New York Tango Trio Set 2: RICHARD BONA Il biglietto comprende entrambi i concerti Virtuosismo strumentale alla Jaco Pastorious, fluidità vocale alla George Benson, senso della canzone e dell’armonia alla Joao Gilberto e il tutto mescolato con la cultura africana. Il risultato di questa originalissima combinazione non può che essere uno solo: Richard Bona. Nato in Camerun, figlio d’arte discendente da un griot, Richard Bona è approdato a New York a metà degli anni Novanta, non prima di aver fatto tappe intermedie in Germania e a Parigi: i paragoni con il mitico Jaco si sono subito sprecati ma molto presto ci si è resi conto che quel bassista arrivato dall’Africa brillava di luce propria. E così sono iniziate le collaborazioni altolocate con Harry Belafonte, la stessa Jaco Pastorius Big Band, gli Steps Ahead di Mike Mainieri, Joe Zawinul, Pat Metheny, George Benson, Mike Stern, Branford Marsalis, Bobby McFerrin, Chaka Khan, Michael e Randy Brecker e via così. In tutto questo Richard Bona non ha mai reciso il legame con le proprie radici: nei numerosi album incisi nelle vesti di leader, si rileva una naturale inclinazione alla narrazione attraverso i suoni, che si traduce anche nel prendere posizione su tematiche sociali, nel difendere i popoli oppressi. Per esempio, The Ten Shades of Blues, uno dei suoi album più riusciti, è una sorta di viaggio tra le diverse sfumature del blues che affiorano nelle musiche del Sahel, di Brasile, India, Stati Uniti e Camerun. In altre parole, la musica di Richard Bona si potrebbe far confluire nell’area della fusion, ma con quelle specificità che solo un autore e un musicista con la sensibilità come la sua può esprimere. Una musica che ha la propria principale ragione d’essere in una innata urgenza comunicativa.