Oltre 4.000 abbonamenti: con questo dato importante, confortante in un momento ancora segnato dalla pandemia Covid 19, con l’accesso ai luoghi di spettacolo con Green Pass obbligatorio, prende avvio la Stagione di Prosa del Teatro Donizetti. «Tanta, tantissima è l’emozione che accompagna l’inizio di questa nuova Stagione di Prosa», dice Maria Grazia Panigada, Direttrice Artistica della Stagione di Prosa e Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti, «Le tante persone che lavorano all’interno della Fondazione, il pubblico, gli artisti, tutti abbiamo atteso questo momento e ognuno, nel proprio ruolo, se lo è prefigurato. Adesso questo momento è finalmente arrivato e non vediamo l’ora di ricominciare a condividere spettacoli di diversissimo ingegno, stile, poetica, contenuti, tutti di altissima qualità. Abbiamo voglia di stupirci, divertirci, ma anche di ricominciare a fare del Teatro un centro vivo di riflessione e di incontro della comunità. Sarà una Stagione molto bella, profonda e affascinante, ne sono certa».

La Stagione di Prosa del Teatro Donizetti comincia, da martedì 14 a domenica 19 dicembre (ore 20.30; domenica 19 ore 15.30), nel segno di un classico shakespeariano, Re Lear, nell’interpretazione di un grande maestro del teatro Italiano, Glauco Mauri. Lo spettacolo, che proprio da Bergamo riprende il viaggio nei teatri d’Italia dopo il primo lockdown del marzo 2020, vedrà sul palcoscenico insieme all’attore pesarese, ovviamente nei panni del protagonista principale, e a Roberto Sturno (Conte di Gloucester) un cast parzialmente rinnovato con  Linda Gennari (Goneril), Melania Genna (Regan), Emilia Scarpati Fanetti (Cordelia), Francesco Sferrazza Papa (Edgar), Woody Neri (Edmund), Dario Cantarelli (Matto), Laurence Mazzoni (Conte di Kent), Giulio Petushi (Oswald), Marco Blanchi (Duca di Albany), Francesco Martucci (Duca di Cornovaglia).  Regia di Andrea Baracco. Traduzione di Letizia Russo. Riduzione e adattamento di Andrea Baracco e Glauco Mauri. Scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta. Musiche di Giacomo Vezzani e Vanja Sturno. Luci di Umile Vainieri. Produzione Compagnia Mauri Sturno – Fondazione Teatro della Toscana. Durata dello spettacolo: 2 ore e 50 minuti compreso intervallo.

Glauco Mauri, nella sua lunga carriera artistica, ha dato vita a 24 personaggi shakespeariani e affronta per la terza volta, in modo diverso rispetto alle due precedenti, quella che viene considerata la “più titanica tragedia di Shakespeare, dramma dell’amore padri-figli e della follia”.

«Non ho mai smesso di credere che bisogna sempre mettersi in discussione, accettare il rischio pur di far sbocciare idee nuove per meglio comprendere quel meraviglioso mondo della poesia che è il teatro», racconta lo stesso Glauco Mauri nelle note di presentazione dello spettacolo, «Ed eccomi qui per la terza volta, alla mia veneranda età, impersonare Lear. Perché? Mi sono sempre sentito non all’altezza ad interpretare quel sublime crogiolo di umanità che è il personaggio di Lear. In questa mia difficile impresa mi accompagna la convinzione che per tentare di interpretare Lear non servono tanto le eventuali doti tecniche maturate nel tempo quanto la grande ricchezza umana che gli anni mi hanno regalato nel loro, a volte faticoso, cammino. Spero solo che quel luogo magico che è il palcoscenico possa venire in soccorso ai nostri limiti. Cosa c’è di più poeticamente coerente di un palcoscenico per raccontare la vita? E nel Re Lear è la vita stessa che per raccontarsi ha bisogno di farsi teatro».

«Quello che mi ha sempre colpito di questa tragedia, che è una delle più nere e per certi versi enigmatiche tra quelle dell’autore inglese, è che sotto quel nero sembra splendere qualcosa di incredibilmente luminoso e proprio questa luce sepolta dall’ombra la rende così affascinante», aggiunge il regista Andrea Baracco, «Padri indegni e figli inetti, padri indegni che hanno generato figli inetti, le madri assenti, estromesse dal dramma, parafrasando Amleto, qui la fragilità è tutta e solo maschile. Nessuno dei personaggi è in grado di regnare, di assumersi l’onere del potere, nessuno sembra avere la statura adatta, nessuna testa ha la dimensione giusta per la corona, chi per eccesso, vedi Lear, chi per difetto vedi tutti gli altri. Solo giganti o nani in questo universo dipinto da Shakespeare. I tormenti di Lear, di Gloucester, i turbamenti di Edgar, i desideri di Edmund, i tremori e i terrori delle tre figlie del Re, Cordelia, Goneril e Regan, attraggono da sempre perché la complessità e in alcuni casi la violenza che produce il conflitto generazionale è per forza di cose universale».