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PROMO LAST MINUTE replica di martedì 18 aprile ore 10.30

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È una notte parigina cupa, afosa e opprimente. Il generale Dietrich Von Choltitz è nel suo studio, una suite dell’Hotel Meurice, alle prese con l’ordine di distruggere la città. L’alba sembra non arrivare mai. I tedeschi, che occupano Parigi da qualche anno, sanno che il progetto di costruire il nuovo impero tedesco, il terzo Reich, sta definitivamente naufragando: la tragica capitolazione della Wehrmacht a Stalingrado nel ’43, lo sbarco in Normandia a giugno e il pur fallito attentato a Hitler il 20 luglio del ’44 sono inequivocabili segni della fine.

Molti nazisti avevano considerato l’occupazione alla stregua di una vacanza nella città più romantica del mondo, simbolo di eleganza e di saper vivere. Parigi era diventata per loro un rifugio ovattato dove, lontani dal clima intossicato di Berlino e dalle campagne fallimentari del Führer, si discutevano le sorti della guerra seduti a un caffè, tra un turno di guardia e l’altro. Ma non è più così in quelle settimane dell’estate del 1944: la capitale francese è insorta e le forze della resistenza ignare del terribile incarico del nuovo governatore, combattono anche quella notte la loro battaglia per cacciare gli invasori, in attesa delle truppe alleate ormai a pochi chilometri dalla città.
Il generale Von Choltitz è arrivato in pieno agosto in una città ostile con il compito di eseguire un ordine di Hitler preciso e terribile: distruggerla, sterminare la popolazione e rendere chiaro al mondo che i tedeschi, se non fossero stati più in grado di controllare l’Europa, avrebbero potuto ancora raderla al suolo.

Quando pensiamo alla storia come a un susseguirsi di date e di fatti concatenati fra loro da un rapporto di necessità, a volte ci dimentichiamo che dietro a quelle date, a quegli episodi ci sono delle persone, ci sono le loro azioni non sempre coerenti. Così, da un duro generale prussiano di lungo corso come Von Choltitz ci si può solo aspettare che obbedisca agli ordini senza discutere, tanto più se sta subendo il tremendo ricatto della Sippenhaft, una legge emanata da Hitler per garantirsi la cieca obbedienza dei suoi sottoposti. È un uomo angosciato che pensa solo a salvare la sua famiglia e i suoi soldati, anche a costo di milioni di vite umane.
Ma proprio quando tutto sembra deciso e l’orribile piano sta per scattare, appare l’imprevisto, l’incidente che cambia la storia, nelle vesti di un elegante console svedese che lo incanta con l’immagine di un futuro più umano, che lo affascina facendogli intravedere il mondo in una prospettiva diversa. Raul Nordling è un grande diplomatico svedese, ma conosce bene Parigi perché ci è nato, conosce le sue storie piccanti e i suoi passaggi segreti e il suo incarico d’ambasciatore di un paese neutrale lo rende uno snodo vitale di una città cosmopolita, ricca di storia e di bellezza. Parigi è la sua casa e la deve difendere anche a costo di qualche piccolo sotterfugio.
Durante quella notte fatale del 25 agosto 1944, si intrufola nello studio in cui il generale non riesce a trovare riposo, e fra i due inizia un duello implacabile la cui posta è un’intera città.

Bruni e De Capitani tornano a sfidarsi sul palcoscenico e ci restituiscono i ritratti di due uomini che indossano prima di tutto l’anima e lo spirito del tempo. Uomini che hanno attraversato la storia e hanno contribuito a plasmarla, che con le loro azioni hanno contribuito a costruire una pace faticosa, ponendo le basi per la rinascita dell’Europa. Pensiamo sia importante ricordare le prove attraverso cui il consesso delle nazioni di cui facciamo parte è passato per trovare una sua unità, in un momento in cui sembrano prevalere gli egoismi nazionali.
Non sappiamo se a Parigi l’alba avrà alleviato la calura opprimente della notte con un soffio di aria fresca, ma certamente sappiamo che è stata un’alba di riscatto e di libertà e che noi europei dobbiamo gratitudine a quei due uomini per essersi parlati aldilà degli schieramenti, per aver usato tutte le armi della diplomazia per evitare distruzione e morte.

Elio De Capitani e Francesco Frongia